La didattica museale

La didattica museale

Ufficio: Ufficio Sviluppo Economico e Culturale
Responsabile: Roberto Elefante
Indirizzo: Via Palmiro Togliatti, 45 50032 Borgo San Lorenzo (FI)
Tel: 055-84527175 cell. 3347954498
Fax: 055-8456288
E-mail: esploramuseo@uc-mugello.fi.it

Requisiti del richiedente

 

Informazioni

A partire dall’idea che il  museo sia deputato a conservare, a rendere visibile quanto una cultura ritiene sia fondamentale e tenendo presente la volontà, il desiderio di tutelare ciò che si considera importante, occorre riflettere su cosa questo significhi nella percezione di un bambino. Nel suo collezionare il bambino ha ovviamente una posizione attiva, comprende o intuisce il valore dell’operazione che sta compiendo. Questa dimensione attiva si perde spesso nel tradizionale accostarsi all’esperienza museale, al già collezionato.

Provando a riflettere sulle possibilità di fare didattica disponendo di uno strumento come un museo, si possono individuare due tipologie di percorso:

  1. didattica museale come didattica all’interno di un museo, come insieme di strategie per cercare di rendere fruibili, comprensibili gli oggetti esposti,
  2. didattica museale come elemento integrato con le diverse strategie di insegnamento: il museo considerato appunto come strumento per catalizzare, approfondire, costruire un percorso di conoscenza della propria storia e del proprio ambiente, un museo come referente per la normale didattica.

Poco sul primo aspetto è dipendente dall’intervento dell’insegnante: molto dipende dagli allestimenti, fondamentale diventa il linguaggio espositivo e l’insieme degli apparati paratestuali.

Molto spesso la visita al museo è un’esperienza che stanca: il visitatore, specialmente il visitatore ‘bambino’, è posto di fronte  a una sovrabbondanza di reperti che dopo un po’ non si è più in grado di distinguere ed interpretare e  l’uscita viene vissuta come una liberazione. Le strategie didattiche interne al museo dovrebbero consentire di trasformare la visita  in una esperienza cognitiva, di colmare i vuoti di interpretazione, di costruire storie per chi non sa farlo o non sa inferire collegamenti tra gli elementi esposti, dovrebbe insomma stimolare domande e offrire risposte. Altri mezzi di comunicazione, come la televisione non hanno bisogno di simili operazioni di completamento: forma, colore, suono, movimento sono interrelate fra loro come nella vita e sono variamente intrecciate per costruire trame coerenti. Presentano una realtà vicina alla percezione del quotidiano, mentre l’esperienza museo sembra essere tanto lontana dalla quotidianità. E’ comunque difficile incontrare allestimenti in linea con questi requisiti: solitamente accade per i musei della scienza, meno frequentemente per altri.

A chi si occupa di apprendimento e non solo scolastico, è chiaro il fenomeno per cui si dimentica quanto si è appreso in un contesto strutturalmente  non destinato alla formazione, a meno che non vi sia frequente possibilità di utilizzare le competenze e di utilizzarle in modo competente: far ricorso alle competenze acquisite  come riferimento necessario nel processo di risoluzione dei problemi. Se ciò è possibile aumenta anche la motivazione e la disposizione all’apprendimento. La  didattica museale può produrre apprendimenti che restano nel repertorio culturale, solo quindi se collegata ad attività, percorsi, interessi, linee di studio e percorsi intellettuali già in atto nel fruitore del museo: non esperienza isolata, evento occasionale, quindi , ma elemento di un processo.

C’è pertanto bisogno di  individuare le condizioni necessarie all’interno delle quali l’esperienza museale possa tradursi in attività gratificante e utile per chi la compie e  apprendere nel museo risponda ai requisiti necessari della didattica, valutazione al primo posto, o se si preferisce monitoraggio dell’esperienza  e suo consolidamento.

Occorre passare pertanto da una posizione consumistica del museo, del tutto impertinente, nel senso di non pertinente da un punto di vista didattico, per passare ad una fruizione didatticamente impostata. Una fruizione museale che non solo provochi emozioni, ma che soprattutto consenta di attivare un’esperienza cognitiva complessa. Dunque la seconda tipologia di percorso prima individuata, all’interno della quale la dimensione museale  come attività didattica orientata e finalizzata all’apprendimento, deve “centrare la propria proposta su motivazioni che derivano da esigenze di apprendimento già emerse attraverso altre esperienze: è come dire che la didattica museale acquista consistenza se si pone in una relazione funzionale con l’insieme delle opportunità di apprendimento delle quali gli allievi fruiscono”.

Appare significativa  di ciò la posizione di Benedetto Vertecchi, il quale sostiene che nella didattica museale è necessario operare un’inversione tra l’acquisizione di quelle competenze che solitamente vengono definite prerequisiti e le esperienze di motivazione e apprendimento, per il fatto che mentre nelle situazioni più comuni l’apprendimento costituisce di per sé un effetto del percorso, nella fruizione museale dobbiamo considerarlo un requisito per l’attività. In altre parole per compiere un’esperienza museale qualitativamente apprezzabile, il possesso di determinati requisiti di competenza è una condizione che, almeno per una parte consistente, deve precedere l’esperienza vera e propria. L’ipotesi di partenza dovrebbe essere di individuare e sviluppare alcune capacità, conoscenze, abilità che costituiscono una modalità di accesso consapevole al patrimonio culturale.

In questo ottica, anche la conservazione del patrimonio museale può superare il rischio di precarietà che, come sottolinea ancora Vertecchi,  inevitabilmente corre se “ad esso non si riconosce un valore che travalichi la stima delle caratteristiche intrinseche dei singoli pezzi per diventare parte dell’esperienza formativa di un gran numero di persone. Ciò vuol dire che il patrimonio museale viene interiorizzato nella consapevolezza collettiva. Proprio tale consapevolezza costituisce la migliore garanzia della sua conservazione. L’esperienza formativa di una generazione rappresenta infatti il punto d’avvio per la formazione della generazione successiva. I beni museali vanno compresi in quel repertorio irrinunciabile che identifica la cultura destinata a segnare la continuità  fra le generazioni. E’ come dire che riflettere sulla didattica museale è parte del più generale problema della formazione e che acquisire attraverso la ricerca nuova conoscenza nel settore vuol dire contribuire ad accrescere il repertorio delle interpretazioni educative.”

In altre parole, obiettivo della didattica museale dovrebbe essere quello di creare una competenza del fruitore, che sia in sé un elemento culturale forte, capace di integrarsi in una formazione complessa, che va al di là dei diversi settori disciplinari. Particolare attenzione, affinché ciò avvenga, va prestata al consolidamento dell’esperienza e al soddisfacimento delle esigenze individuali: al museo quindi si va e si torna, si rilegge, si può consultare come un manuale. Il museo può essere considerato alla stessa stregua di un libro, con tutto ciò che concerne le sue potenzialità formative.

In una tale ottica, l’insegnante non può avere il ruolo passivo di colui che al museo lascia la propria classe in mano ad un esperto il quale  però è assolutamente digiuno del percorso scolastico dei ragazzi, delle loro conoscenze. Le proposte didattiche di un museo devono costituire un supporto per gli insegnanti, e non tanto o, comunque non solo, presentarsi come attività dirette con gli studenti. Un insegnante deve essere messo in grado di avvalersi del museo collegandolo alle esperienze conoscitive, alle abilità e conoscenze pregresse, agli interessi e alla motivazione che  sono stati stimolati nella normale attività didattica: in altre parole deve presentarsi come strettamente connesso e interrelato al curricolo formativo in una prospettiva disciplinare o trans-disciplinare.

Provando ad entrare più nello specifico diciamo che la proposta didattica del museo e da svolgersi nel museo,  dovrebbe rendere intelligibile il testo, intendendo con questo termine un oggetto culturale. Nella linguistica testuale testo è un insieme concluso di enunciati che non può essere modificato se non arbitrariamente, sul quale non si può intervenire. “La sacralità del testo”, “fare testo”: per traslato, testo può essere un’opera d’arte, ma anche un qualunque oggetto culturale. Nel museo l’oggetto è e costituisce un testo, nel senso di qualcosa che non può essere modificato e sul quale non  si può intervenire e  va pertanto interpretato. All’interpretazione contribuisce il paratesto: di un’opera d’arte il  paratesto può privilegiare il contesto culturale di riferimento, o il profilo storico, il profilo materico, il profilo iconografico o il profilo stilistico, ma anche infiniti altri.

Il paratesto si compone di peritesto ed epitesto: il peritesto ha con il testo una contiguità fisica e spaziale (contesto espositivo, cartellini, didascalie, …), mentre l’epitesto è dato da tutti quegli elementi che si trovano fuori dal luogo di esposizione: in una pubblicazione, in una scheda didattica, in una pubblicazione scientifica. Peritesto ed epitesto possono avere carattere divulgativo e/o scientifico: nel primo caso gli elementi di introduzione, comprensione del testo sono presentati in modo da essere comprensibili ad un pubblico più ampio. L’epitesto inoltre,  ed è  la cosa più ci interessa, può avere la forma di una comunicazione didattica. Da un punto di vista pedagogico, mentre la comunicazione divulgativa si presenta come lectio,  ed è una comunicazione unidirezionale, la comunicazione didattica si presenta come quaestio,  come comunicazione che prevede una interazione, uno scambio. Lavorare in classe sull’epitesto ancora prima della visita, dovrebbe consentire di agire sulla motivazione e pertanto la visita al museo dovrebbe costituire un punto di arrivo, una richiesta di tipo culturale: ancora meglio se l’epitesto è costruito dall’insegnante e calibrato in base alle esigenze della classe. In questo caso la motivazione nasce non da materiale strutturato e presentato dal museo, ma da un’attività di ricerca preparata e condotta da insegnanti e alunni.

L’attività nel museo dovrebbe diventare una sorta di punto intermedio tra una ricerca precedente la visita e un’attività di approfondimento e messa a fuoco delle problematiche connesse al museo successivamente alla visita: tutto questo dovrebbe avvenire mediante il filtro/contributo dell’esperienza delle insegnanti.

IL MUSEO COME LABORATORIO

Per questo, in modo complementare, la capacità progettuale e produttiva dei musei deve misurarsi con la loro disposizione a risolvere le esigenze di comunicazione con gli utenti nelle varie tipologie e differenziazioni per età.
Idee e comunicazione prevedono un orientamento simmetrico, nel quale vi sia la concreta possibilità di gestire informazioni nei due sensi, dai luoghi museali verso l’utenza e dall’utenza verso i musei.
Ecco dunque che le attività proposte si presentano come una serie di strumenti operativi da scegliere per progettare esperienze didattiche adeguate alle diverse esigenze formative. Sono definiti gli elementi, le singole attività realizzabili intorno ai materiali e ai temi dei musei: elementi destinati a diventare percorso nel momento in cui vengono scelti, ordinati e adattati.
Le schede operative presentano quindi una struttura aperta: ad una chiara definizione degli obiettivi e dei processi previsti per ciascun museo, fanno da cornice una serie di suggerimenti operativi, con l’indicazione di attività da svolgere anche prima e dopo la visita al museo,  da utilizzare per costruire e articolare percorsi didattici differenziati rispondenti alle esigenze della programmazione curriculare dei docenti.
L’intento è dunque proporre percorsi caratterizzati da un elevato grado di flessibilità e sempre integrabili al curricolo.
Come risposta a questo obiettivo, dopo aver raccolto le iscrizioni, vengono organizzati degli incontri all’interno di ciascun museo con gli insegnanti iscritti: vengono così definiti i percorsi, adeguando quanto proposto dal laboratorio alle diverse esigenze di programmazione dei docenti.

I PERCORSI -

La presentazione dei percorsi è organizzata per musei, a loro volta raggruppati sulla base dell’area di appartenenza all’interno del sistema museale:

  1. IL SISTEMA NATURALISTICO
    • museo del "Paesaggio storico" dell’Appennino Moscheta
  2. AREA DEI BENI DEMO-ETNO-ANTROPOLOGICI
    • museo del vino e della vite di Rufina
    • museo dei ferri taglienti di Scarperia
    • Sant'Agata artigiana e contadina di Leprino - Scarperia
    • museo della pietra serena di Firenzuola
    • museo della gente di montagna - Palazzuolo
    • museo della civiltà contadina di Casa d'Erci e Mulino Faini – Borgo San Lorenzo
  3. AREA DEI BENI STORICO-ARTISTICI
    • museo delle ceramiche Chini di Borgo San Lorenzo
    • museo di Arte Sacra e Religiosita’ Popolare “BEATO ANGELICO” - Vicchio
    • museo di Arte Sacra di Sant'Agata
  4. AREA DEI BENI ARCHEOLOGICI
    • centro di documentazione archeologica di Sant'Agata
    • museo archeologico Alto Mugello di Palzzuolo
LE COLLEZIONI

E' già questa una prima operazione creativa, una operazione di progetto da parte degli educatori. Una parola che qui abbiamo scelto come leva motivazionale è "COLLEZIONE" una attività che molti bambini cominciano spontaneamente a svolgere, spesso tra le più gelose e personali, fortemente caratterizzata dalle scelte individuali e dalla possibilità di relazioni e scambi con i coetanei.
Un primo suggerimento è partire dal gusto e dall’abitudini a collezionare che alcuni bambini e ragazzi hanno.

La collezione di oggetti risponde ad alcuni importanti bisogni umani che vanno dalla necessità della vita fisica a forme più complesse, riconducibili alla nostra cultura.
Collezionare significa raccogliere.
Le prime collezioni le troviamo nelle tasche dei bambini. Oggetti disparati e inutili, raccolti e conservati. Le tasche sono il più piccolo esempio di museo personale, la prima collezione privata. Ci sono foglie, sassi, conchiglie, figurine, personaggi di un gioco.
Raccogliere un oggetto, sottrarlo al suo mondo per farlo appartenere al nostro, risponde a un bisogno di continuità, di legame. "Sono qui ora, desidero portarmi via qualcosa che mi ricordi questo posto, questo momento; desidero mantenere un legame con questa esperienza".
Il valore di una collezione è un fatto molto opinabile e personale. Per un adulto, un genitore in particolare, una raccolta di sassi ingombranti e polverosi è qualcosa di cui si potrebbe fare volentieri a meno. Chi raccoglie e conserva invece automaticamente crea il valore degli oggetti, trasforma quello che è solo un elemento del conteso in un oggetto di valore.
Una collezione di oggetti ha un valore per chi la raccoglie, per la sua concezione del mondo, per la sua visione del mondo in quel momento. La scommessa del museo è questa: se ha valore per me, ha valore anche per altri. I musei artistici e le pinacoteche sono forse la realtà più evidente di questa condivisione di valori. Altri musei fanno scommesse più azzardate, nelle quali la condivisione va cercata e conquistata.

Un particolare e ulteriore valore viene conferito dall'ordinamento. La Gioconda al Louvre è isolata dagli altri quadri, gode di una illuminazione particolare e provoca con la sua fama, con il suo alone che raggiunge tutto il mondo, assembramenti quasi invalicabili. Se per 50 anni venisse spostata di lì e messa in un corridoio di passaggio, probabilmente verrebbe dimenticata.
L'ordinamento è un gioco. Le collezioni spontanee dei ragazzi non sono statiche, sono soggette a continui rimescolamenti e scelte, scambi talvolta. Sono dinamiche e frutto di continue scoperte e riscoperte. Uno dei primi giochi proposti ai bambini piccoli, prima ei due anni, è il gioco euristico: un sacchetto che nasconde/contiene oggetti vari, selezionati in base a criteri di non pericolosità. Con naturalezza i bambini ne esplorano il contenuto, ne fanno delle esposizioni, ne variano la disposizione, tornano a rimetterli dentro.
Una collezione è un archivio della memoria. Come tale rimane vivo se posso usarlo, aprirlo, esplorarlo. La funzione è il gioco, il godimento estetico, la possibilità di nuove invenzioni.
Questo aspetto è sottovalutato a volte nelle collezioni e anche nei musei. Il Museo è considerato un punto di arrivo, intoccabile. Ma il museo è in realtà un accumulo di stimoli, una raccolta di suggestioni e suggerimenti che ognuno leggerà come meglio crede. Il percorso museale è sicuramente un prodotto inchiodato, fisso, ma il visitatore che si sposta nel Museo lo inventa continuamente, scegliendo soffermandosi, tralasciando, tornando indietro. 

L'ARCHIVIO DELLA MEMORIA -

  1. Il punto di partenza è: per progettare (quindi per organizzare i dati e produrre qualcosa di nuovo, di diverso, di più adatto alle mie esigenze) ho bisogno della memoria. La memoria di singoli elementi potrà tornare utile per avere idee, per costruire qualcosa utilizzandoli come mattoni.
    Ma come immagino di organizzare la mia memoria, come immagino di costruire un archivio della memoria?
  2. In questa fase si chiede quindi di costruire la propria rappresentazione concreta dei ricordi/records (disegni, scritti, oggetti, schede, un modulo continuo, ecc.).
    E come organizzo questi elementi, dove li metto, come li consulto, come li conservo, come li uso?
  3. Ho necessità quindi di progettare un contenitore e degli organizzatori per i dati: degli indici, dei collegamenti, dei raggruppamenti.

Il tutto passa attraverso la concretezza di strumenti in parte realizzati ad hoc con materiali molto semplici ma efficaci, anche perché prodotti da chi li vuole utilizzare, così come se li immagina, come li voleva, come li sognava.

I GRUPPI DI PROGETTO

I livelli nei quali si articolano i gruppi di progetto sono due:

  1. Gruppo permanente: ha la funzione di garantire la dimensione di sistema e la continuità dell’intervento, fornendo le linee guida  e gli indirizzi generali.
  2. Gruppi modulari: hanno la funzione di definire i percorsi operativi nelle singole situazioni tenendo conto degli standard concordati e adattandoli alle concrete realtà di ogni polo espositivo.

Di fondamentale importanza per l’evoluzione del lavoro dei gruppi modulari di progetto è sviluppare il livello di integrazione tra i soggetti coinvolti.

In termini concreti questo significa:

Definire in modo differenziato la composizione dei gruppi, secondo gli obiettivi specifici e le esigenze e motivazioni dei singoli componenti. Al momento attuale i potenziali componenti sono:

  • gli insegnanti
  • i coordinatori del progetto di sistema
  • i curatori dei musei
  • gli esperti di aree disciplinari
  • gli operatori di didattica museale
  • gli enti gestori.

GRUPPO DI PROGETTO PERMANENTE -

Il gruppo di progetto è costituito nella sua parte permanente da:

  • il coordinatore organizzativo responsabile di progetto, Gianni Paxia (Agenzia dei Ragazzi)
  • La coordinatrice tecnico-culturale del Sistema Museale, Maria Frati
  • la coordinatrice scientifica del Sistema Museale
  • il coordinatore pedagogico prof. Paolo Orefice (preside della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Firenze ed esperto di educazione degli adulti)
  • i coordinatori didattici: Giovanna Del Gobbo e Francesco Tucci.

Ha il compito di:

  • definire sulla base di una programmazione di tempi gli obiettivi da raggiungere
  • definire gli obiettivi per anno di gestione del sistema
  • concorrere alla verifica degli obiettivi
  • fornire linee guida relative alla metodologia
  • fornire impostazioni sulla tipologia degli interventi

GRUPPI DI PROGETTO MODULARI -

Ogni gruppo di progetto modulare ha il compito di:

  • Operare una ricerca sulle fonti relative ai temi intorno ai quali vengono costruiti i percorsi.
  • Sperimentare direttamente le principali esperienze da realizzare con i ragazzi
  • Verificare e aggiustare gli aspetti organizzativi (numero degli incontri per ciascun percorso, periodo dell’anno in cui attivarli, ecc.)

Ogni singolo intervento da proporre potrà essere disegnato in modo da offrire il massimo grado di possibilità esplorative. Gli utenti sono dunque chiamati a  operare scelte, elaborare soluzioni all’interno di alcune opzioni. Questo rappresenta per loro un primo livello di partecipazione al progetto.

I Gruppi di progetto sono 3 per aree geografiche e tematiche:

  • Museo della vite e del vino di Rufina, Museo di Arte sacra e religiosità popolare di Vicchio, Museo etnografico di Casa d’Erci
  • Museo della Manifattura Chini di Borgo San Lorenzo, Museo dei ferri taglienti di Scarperia, Itinerario museale di Sant’Agata
  • Museo del Paesaggio storico dell’Appennino di Moscheta, Museo della pietra serena di Firenzuola, Museo della vita e del lavoro delle genti di Montagna di Palazzuolo

 

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